Emergenza Ebola - Aggiornamento 14-08-2014
La diffusione del virus Ebola è ormai diventata un emergenza di livello nazionale. Prosolidar interviene donando 30.000 Euro a CUAMM Medici con l'Africa una delle associazioni impegnate sul campo, per contenere l'epidemia.
Di seguito riportiamo la comunicazione integrale di
Don Dante
Direttore di Medici con l’Africa Cuamm
(Aggiornamenti sul sito del CUAMM)
"Carissimi tutti,
abbiamo sentito in questi giorni la vostra affettuosa e concreta vicinanza. Per questo, insieme al grazie sincero e riconoscente, pensiamo sia importante darvi gli ultimi aggiornamenti dalla Sierra Leone. A Pujehun, ci sono state finora 7 morti da Ebola. Di quattro pazienti, risultati positivi al test, 3 sono deceduti e 1 caso è tutt’ora vivo e ricoverato; altre 4 persone sono morte da contatti avuti con i pazienti infetti. Tre sono i centri (hot spot) mappati nel distretto come luoghi colpiti dall’epidemia. Si attendono altri casi. Pur con una piccola riduzione del personale per evitare quanto più possibile i rischi del contagio, il Cuamm ha deciso di rimanere. Quando l’abbiamo comunicato alle autorità del distretto e al personale dell’ospedale ci sono stati momenti di commozione. Vi riporto la testimonianza di Giovanni Putoto, appena rientrato dalla Sierra Leone:
“Si sta alzando il livello di guardia nel paese. Ebola spaventa. I luoghi più caldi dell’epidemia sono isolati da cordoni sanitari rafforzati in alcuni casi anche da posti di blocco dell’esercito e della polizia. I movimenti della popolazione sono ristretti. Alcuni villaggi con casi sospetti sono messi in quarantena. Gli operatori sanitari, per girare, devono essere provvisti di un pass rilasciato dalle autorità. L’aeroporto è presidiato. I controlli sanitari sono aumentati specie in uscita. Chi lascia il paese deve riempire una scheda sanitaria individuale con tutti i dati sensibili, si sottopone alla misurazione della temperatura due volte, una all’ingresso dell’aeroporto e una prima di imbarcarsi e infine viene schedato con tanto di foto. Ci sono timidi segnali che l’aiuto internazionale comincia a muoversi. Un cargo cinese arrivato da poco scarica materiale protettivo e equipaggiamenti di varia natura. Arrivano alcuni team di esperti. I bisogni da affrontare sono immensi”.
Giovanni Putoto, nostro responsabile della programmazione, 14 agosto
Ci si concentra su due aree: l’ospedale e il distretto. All’ospedale è stato avviato lo screening di tutti pazienti, bambini e mamme che si presentano all’ambulatorio o che vengono ricoverati. Formazione clinica e protezione massima degli operatori sono i capisaldi delle attività. Un grande sforzo è stato fatto per l’installazione dell’unità di isolamento dei casi sospetti (una tenda). Ad una rapida survey, Pujehun risulta tra i soli 5 ospedali provvisti di una unità di isolamento in tutta la Sierra Leone! Molto intensa anche la formazione del personale delle unità sanitarie periferiche e dei team più a rischio: il personale che assiste i casi sospetti nell’isolamento e il team impegnato nella tumulazione delle salme dei deceduti. Rimane un grande lavoro da fare per sensibilizzare la comunità e per coinvolgerla attivamente nel controllo della epidemia. Un grosso sforzo deve essere compiuto anche per il contact tracing, rintracciare i contatti avuti delle persone malate con i parenti e i conoscenti. Soprattutto c’è da affrontare la grande sfida di vincere la paura, comune a tutti, attraverso la conoscenza e la collaborazione reciproca. Vi riporto la testimonianza toccante di Paolo Setti Carraro, che ci ha mandato nei giorni scorsi:
“Cari amici, in questa buia giornata, dall’orizzonte basso di nuvole grigie, con l’acqua che scorre a fiumi dal cielo, vogliamo condividere con voi la luce del sorriso di Kadie, che lei stessa ci aveva lungamente e caparbiamente negato per tutto il mese.
È arrivata da noi da Pandebu, distretto di Bonthe, confine occidentale di Pujehun (Sierra Leone), nelle braccia di suo padre dopo un mese di febbri e digiuno. Dieci chili di peso per una bimba di 5 anni, il respiro affannoso degli anemici cronici, le caviglie gonfie dei gravi malnutriti, l’addome disteso dalla peritonite cronica, feci liquide che sgorgavano a fiotti dall’ombelico dopo ogni pasto frugale che riusciva ad ingollare. Lentamente abbiamo corretto l’anemia, combattuto la malaria, guarito la polmonite, cominciato ad alimentarla con latte speciale. Tuttavia, quanto più si alimentava, tanto maggiore era la portata della fistola intestinale. Un disastro disperante. È toccato a me districarmi un mattino nel suo addome, tra mille aderenze, per trovare il buco che la febbre tifoide vi aveva aperto e chiuderlo con la più azzardata delle suture che ho mai realizzato nella mia vita di chirurgo. Ho trascorso giorni pieni d’ansia e notti tormentate, mentre lei si “nutriva” di acqua e sali per via endovenosa nell’attesa di sapere che i nostri sforzi non erano stati vani. Poi finalmente, dopo tre giorni, la regolare ripresa delle funzioni intestinali ci ha fatto capire che c’era speranza. Poco importava che nel frattempo, come atteso, la ferita addominale si fosse riaperta. Era quel buco che ci terrorizzava, ed ora era sotto controllo. Piano piano Kadie ha ripreso a mangiare e per tutti noi è cominciato il festival delle uova sode, dei biscotti ipercalorici, la gara ad ingozzarla di ogni leccornia disponibile sul mercato, poche in realtà, ma una continua sorpresa per lei, non usa a tanta ricchezza. Il suo volto imbronciato per settimane, il suo sguardo vuoto e disperato hanno cominciato a rilassarsi ed oggi, finalmente, dopo tante sofferenze ci ha donato il più bello dei sorrisi. Kadie è tornata a casa, lavata e profumata, vestita come una regina.
Di quel sorriso che trasmette gratitudine e gioia oggi abbiamo tutti un grande bisogno. Ebola è qui, tra noi, al nostro fianco. Le certezze con cui si conviveva sino a ieri sono naufragate nel giro di una notte. Finora la distanza dai casi accertati la si misurava in decine di miglia, era la nostra sicurezza, innanzitutto psicologica, sapere quanto lontani rimanevano i focolai di contagio. Da ieri i primi due malati di questo distretto sono sotto la tenda d’isolamento, cento metri dal compound, poche decine di metri dalla maternità e dalla pediatria. Il primo è morto ieri, la seconda ha passato la notte a lamentarsi ed oggi è deceduta prime di poter essere trasferita al centro di trattamento di Kenema. La griglia del filtro, che prevede come prima domanda la provenienza del paziente, ha improvvisamente perso molto del suo significato. Ebola è qui. Da Kenema giungono notizie tragiche, di morti raccolti per le strade, a Kailahun ogni giorno decine di pazienti entrano il triage nel centro-tendopoli gestito da MSF perché sospetti malati o sintomatici. Tuttavia regaliamoci una buona notizia: 127 pazienti sono stati dimessi guariti da Kenema, 43 da Kailahun. Pochi, sicuramente, se rapportati ai quasi 500 morti, ma meglio che in altre occasioni. Di suo il virus ci mette la variabilità, che ci spiazza e ci confonde: meno del 30% dei pazienti sanguina, complicando di molto la diagnosi e le difese. Ora sta a noi alzare al massimo la guardia e fare blocco con tutto il personale coinvolto nelle cure. Solo il tempo ci dirà se avremo fatto qualcosa di buono, risparmiando vite e contagi. Ed ogni giorno ed ogni sera confidiamo in tantissimi altri meravigliosi sorrisi. Un abbraccio a tutti da Paolo, Chiara, Tito e Clara”.
Paolo Setti Carraro, chirurgo
Siamo fermamente convinti che esprimere attenzione e vicinanza a questa gente, ci chiede oggi un grande equilibro, la sapienza di mettere insieme la più tenace lotta all’Ebola e insieme la cura quotidiana a tutte le altre emergenze silenziose, che non fanno rumore perché banali e scontate. Stiamo accompagnando i nostri sul campo, giorno per giorno. Siamo impegnati a supportarli in ogni modo, rispondendo ai bisogni e alle necessità che via via ci evidenziano. Vi ringraziamo per quanto avete già fatto o farete. Solo così potremo ripristinare la fiducia e la speranza. Con loro, con queste donne, bambini, uomini, giovani e anziani che ci sono cari. Siamo certi che continuerete ad accompagnarci con tutto il vostro affetto. Vi chiedo anche una preghiera, per noi tutti e per la gente con la quale condividiamo questa prova. Ci conforta e ve ne siamo grati, un saluto a tutti
14 agosto 2014